La fobia scolastica
In Rubriche - Parole capovolte
La fobia scolastica
Il marcato rifiuto o l’ansia di andare a scuola può essere considerato come una
manifestazione ansiogena e quindi potrebbe essere trattata ingiustamente al pari di altre
forme di ansia nei bambini, ma cosi non è, e pertanto si deve approfondire in questo
senso affinché sia chiara la vera causa del disagio espresso dal bambino.
Una leggera inquietudine all’ingresso della scuola è normale nei bambini, soprattutto nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria; ma è anche vero che la prolungata paura porta all’ evitamento totale dell’ambiente scolastico, e questo non è oggi accettato dal momento che investiamo molto sulla scuola.
Si parla di fobia scolare o ansia scolare quando l’ambiente scolastico costituisce o diventa per il bambino un luogo problematico, che cerca quando possibile di evitare.
Il rifiuto di andare a scuola può avere alla sua radice tre aree di difficoltà:
1 - il fatto di separarsi dall’ambiente protetto di casa e dalle figure familiari che solitamente ci proteggono,
2- la qualità delle relazioni che il bambino ha nel contesto scolastico (ad esempio con gli adulti, con gli insegnanti, i compagni di classe o di scuola), magari relazioni qualitativamente non buone,
3 - le preoccupazioni relative alla qualità e quantità delle attività che vengono svolte a scuola, come le valutazioni, gli aspetti prestazionali e la competizione di voti di altri compagni di classe o di scuola, magari sono presenti le difficoltà di apprendimento o di attenzione.
È molto evidente che questi sono tre aspetti molto diversi e tutti ugualmente importanti.
La prima cosa da fare se nostro figlio/a non vuole andare a scuola è capire quale di queste tre dimensioni è stata colpita. È ovvio che un bambino difficilmente si crea dall’oggi al domani una paura o una fobia inesistente, per cui dev’essere successo qualcosa che lo ha indotto ad aver paura.
Lo stato di ansia può essere più o meno manifesto, infatti la maggior parte dei bambini non sono in grado di dare una spiegazione dei loro sintomi ansiosi e di solito si descrivono in modo semplicistico come nervosi, dicono di avere mal di testa e di non voler andare a scuola. Lo stato di malumore aumenta se si forza il bambino ad andare a scuola.
Tra le cause predisponenti lo sviluppo di un rifiuto scolastico è possibile trovare nell’ambito familiare la presenza di una madre iperprotettiva, un genitore o una figura genitoriale intrusiva, uno stile educativo incoerente, uno o più problemi psicologici dei genitori, la morte o malattie di un genitore o di un altro componente importante della famiglia, una prolungata assenza da scuola del bambino ad esempio per una malattia, o un ricovero in ospedale, difficoltà relazionali con alcune insegnanti, o ancora un cambio di scuola o classe a causa di altre problematiche.
Anche un evento traumatico accaduto a scuola può innescare l’evitamento e il rifiuto conseguente, come ad esempio l’aver provato vergogna o imbarazzo per se stessi o per un amico.
Una ricerca svedese ha evidenziato che i bambini con questo problema non trattato e non risolto, segnalavano da adulti un maggior numero di contatti con le strutture psichiatriche, oltre ad una lunga permanenza nella famiglia di origine, ad un minor numero di figli e minori contatti sociali.
In questi casi urge un lavoro integrato tra il clinico e le insegnanti. Anche in questo caso agire per tempo è determinante. Il rientro a scuola va fatto con gradualità e con la massima flessibilità, ad esempio far rientrare il bambino a scuola solo alcune ore, magari durante le sue materie preferite, oppure all’inizio senza entrare in classe ma essendo comunque all’interno dell’edificio scolastico, come la biblioteca o la palestra.
Sono molti gli interventi correttivi che si possono attuare per fronteggiare tali situazioni.
Una leggera inquietudine all’ingresso della scuola è normale nei bambini, soprattutto nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria; ma è anche vero che la prolungata paura porta all’ evitamento totale dell’ambiente scolastico, e questo non è oggi accettato dal momento che investiamo molto sulla scuola.
Si parla di fobia scolare o ansia scolare quando l’ambiente scolastico costituisce o diventa per il bambino un luogo problematico, che cerca quando possibile di evitare.
Il rifiuto di andare a scuola può avere alla sua radice tre aree di difficoltà:
1 - il fatto di separarsi dall’ambiente protetto di casa e dalle figure familiari che solitamente ci proteggono,
2- la qualità delle relazioni che il bambino ha nel contesto scolastico (ad esempio con gli adulti, con gli insegnanti, i compagni di classe o di scuola), magari relazioni qualitativamente non buone,
3 - le preoccupazioni relative alla qualità e quantità delle attività che vengono svolte a scuola, come le valutazioni, gli aspetti prestazionali e la competizione di voti di altri compagni di classe o di scuola, magari sono presenti le difficoltà di apprendimento o di attenzione.
È molto evidente che questi sono tre aspetti molto diversi e tutti ugualmente importanti.
La prima cosa da fare se nostro figlio/a non vuole andare a scuola è capire quale di queste tre dimensioni è stata colpita. È ovvio che un bambino difficilmente si crea dall’oggi al domani una paura o una fobia inesistente, per cui dev’essere successo qualcosa che lo ha indotto ad aver paura.
Lo stato di ansia può essere più o meno manifesto, infatti la maggior parte dei bambini non sono in grado di dare una spiegazione dei loro sintomi ansiosi e di solito si descrivono in modo semplicistico come nervosi, dicono di avere mal di testa e di non voler andare a scuola. Lo stato di malumore aumenta se si forza il bambino ad andare a scuola.
Tra le cause predisponenti lo sviluppo di un rifiuto scolastico è possibile trovare nell’ambito familiare la presenza di una madre iperprotettiva, un genitore o una figura genitoriale intrusiva, uno stile educativo incoerente, uno o più problemi psicologici dei genitori, la morte o malattie di un genitore o di un altro componente importante della famiglia, una prolungata assenza da scuola del bambino ad esempio per una malattia, o un ricovero in ospedale, difficoltà relazionali con alcune insegnanti, o ancora un cambio di scuola o classe a causa di altre problematiche.
Anche un evento traumatico accaduto a scuola può innescare l’evitamento e il rifiuto conseguente, come ad esempio l’aver provato vergogna o imbarazzo per se stessi o per un amico.
Una ricerca svedese ha evidenziato che i bambini con questo problema non trattato e non risolto, segnalavano da adulti un maggior numero di contatti con le strutture psichiatriche, oltre ad una lunga permanenza nella famiglia di origine, ad un minor numero di figli e minori contatti sociali.
In questi casi urge un lavoro integrato tra il clinico e le insegnanti. Anche in questo caso agire per tempo è determinante. Il rientro a scuola va fatto con gradualità e con la massima flessibilità, ad esempio far rientrare il bambino a scuola solo alcune ore, magari durante le sue materie preferite, oppure all’inizio senza entrare in classe ma essendo comunque all’interno dell’edificio scolastico, come la biblioteca o la palestra.
Sono molti gli interventi correttivi che si possono attuare per fronteggiare tali situazioni.
Parole capovolte: Questa rubrica nasce con l’obiettivo di approfondire le tematiche inerenti la psicologia scolastica e di rispondere a problematiche che riguardano maggiormente tutta la fascia dei minori in età scolare e prescolare.
La rubrica non vuole fornire soluzioni complete e dare risposte esaustive. L’intento è quello di creare un momento per fermarci a riflettere insieme e creare nuovi modi di rispondere ai problemi. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di una regolare consulenza professionale.
La rubrica non vuole fornire soluzioni complete e dare risposte esaustive. L’intento è quello di creare un momento per fermarci a riflettere insieme e creare nuovi modi di rispondere ai problemi. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di una regolare consulenza professionale.
Melania Chiacchiari è una Psicologa. Ha conseguito il Master Universitario di II livello in “Difficoltà e Disturbi dell’Apprendimento scolastico: Prevenzione, Diagnosi E Trattamento”.
Ha svolto numerose attività di volontariato presso vari enti pubblici e privati; ha collaborato con la ASL 02 Abruzzo, Lanciano- Vasto- Chieti e con il Consultorio Familiare di Isernia.
Attualmente svolge attività clinica in alcuni studi associati. Svolge inoltre attività di formazione, consulenze, sviluppo e potenziamento di abilità e valutazione diagnostica.
Ha svolto numerose attività di volontariato presso vari enti pubblici e privati; ha collaborato con la ASL 02 Abruzzo, Lanciano- Vasto- Chieti e con il Consultorio Familiare di Isernia.
Attualmente svolge attività clinica in alcuni studi associati. Svolge inoltre attività di formazione, consulenze, sviluppo e potenziamento di abilità e valutazione diagnostica.
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