I bisogni educativi normali e speciali
In Rubriche - Parole capovolte
I bisogni educativi normali e speciali
Tutti noi abbiamo dei bisogni, che manifestiamo in alcuni contesti o in alcuni momenti
della giornata, che siano essi educativi, scolastici in senso stretto, sociali o relazionali, e
dunque, anche nella scuola i bambini di varie fasce d’età possono manifestare varie
tipologie di bisogni, a cui non si può rispondere con vecchie e precostituite formule;
bensì la scuola deve adattarsi al contesto odierno e creare nuove risposte e nuovi ruoli al
fine di un miglioramento della qualità di vita dei ragazzi nella scuola.
Ma facciamo chiarezza, che cosa sono i bes? Con questa breve sigla facciamo riferimento a quei BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI che gli alunni possono manifestare in determinati momenti, ad esempio il bisogno di sviluppare competenze, il bisogno di appartenenza, il bisogno di valorizzazione e di accettazione.
I bes rappresentano dunque quelle difficoltà evolutive di funzionamento in ambito educativo e/o di apprendimento e che necessitano di educazione speciale e individualizzata finalizzata all’inclusione scolastica e sociale.
Dalla direttiva del 27 dicembre 2012 si evince che “… ogni alunno, in continuità o per determinati periodi, può manifestare BES: per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici o sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano una adeguata e personalizzata risposta”.
Rifacendomi alle parole di Dario Ianes “i normali bisogni educativi che tutti gli alunni hanno si arricchiscono nella persona con qualcosa di particolare …” Da questa affermazione si intende che, pur manifestando bisogni simili ogni alunno è una terra a sé stante, per cui occorre “studiare” caso per caso e analizzare ogni volta le variabili in gioco tenendo conto dell’unicità di ogni studente. È sottointeso dunque che si devono attivare delle risorse aggiuntive destinate a sostenere le scuole nell’aiutare gli alunni con difficoltà ad accedere ad un programma educativo, che, seppur diverso dagli altri per la forma di apprendimento (pc o libro) deve conservare gli stessi principi di insegnamento; d’altra parte le forme di insegnamento sono variegate e spetta solamente a noi adattarle alla classe in base alle esigenze degli alunni che abbiamo di fronte.
Altra considerazione importante riguarda il fatto che se abbiamo nella nostra classe un bambino con bisogni educativi speciali dobbiamo evitare di farlo sentire diverso, dobbiamo cambiare il metodo di insegnamento e proporre delle strategie alternative che arrivino allo scopo ma con modalità di apprendimento diverso e applicarlo a tutta la classe in modo da includere i bisogni di tutti e arrivare all’obiettivo comune.
Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione di tutti perché la scuola è una delle principali agenzie di educazione dei nostri ragazzi, e deve quindi essere guardata in modo nuovo, deve essere considerata come una palestra di vita, una palestra per sperimentare e per sperimentarsi.
Quindi si può affermare che ci sono una serie di bisogni educativi che esprimono e manifestano tutti gli alunni, e poi si configurano intorno a questi cosiddetti bisogni normali, anche altri bisogni, quelli “speciali”, denominati in questo modo perché riconosciuti solo ad una minoranza, ma comunque legittimi ad ogni studente.
Nei BES sono comprese tre grandi sotto-categorie (punto 1, Dir. M.27/12/2012) :
• Le Disabilità, (L.104/1992) , che comprende minorati di vista o udito, disabilità psicofisiche, e che necessitano quindi dei PEI; • Le Difficoltà, da distinguere in: dsa, deficit del linguaggio, deficit delle abilità non verbali, deficit dell’attenzione e iperattività, deficit della coordinazione motoria; • Gli Svantaggi di ordine socioculturale, tali tipologie di bes dovranno essere individuate in base elementi oggettivi, come ad esempio una segnalazione degli operatori dei servizi sociali.
Le situazioni che concernono gli svantaggi socio-culturali, economici e/o linguistici, possono essere situazioni transitorie che prevedono comunque interventi specialistici, ma devono essere verificati nel tempo in modo tale da attuarli solo fin quando sono veramente necessari. Infatti la pag.3 del C.M. MIUR n.8-561 del 6 marzo 2013 afferma “Si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinchè siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative (…) avranno carattere transitorio ed attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche (…) più che strumenti compensativi e misure dispensative”.
Il concetto di BES è molto ampio e cosi deve essere considerato, visto che tutti noi sperimentiamo nel corso della nostra vita momenti o periodi di difficoltà di varia natura e spesso anche noi abbiamo bisogno di interventi specialistici e mirati, ad esempio, se noi abbiamo un problema di origine organica ci rivolgeremo al medico di famiglia, allo stesso modo se sperimentiamo un disagio ci dobbiamo rivolgere ad uno psicologo esperto e specializzato in tale ambito.
È fuori da ogni dubbio che un qualsivoglia bisogno educativo nasce da problemi di interazione tra lo studente e il contesto educativo in cui è inserito. Ma se ci teniamo solo questa sterile classificazione dovremmo considerare la normalità e la diversità come due polarità contrapposte, invece, secondo il mio parere sono solamente due diversi bisogni di cui tener conto nella stessa misura e in altrettanto egual modo leciti. L’unica differenza si evidenzia nel fatto che la diversità, ovvero la specialità, di questi bambini necessita di una specificità di interventi.
Spiegandomi meglio ad un determinato e specifico bisogno deve seguire una specificità di interventi mirati e tempestivi.
Ma perché parliamo di bes? Ne parliamo perché c’è una normativa ben precisa che ci fa riflettere su che tipo di scuola dovremmo avere e su cosa il Nostro Sistema Scolastico dovrebbe tutelare. Di fatti la Costituzione Italiana ci dice che “La scuola è aperta a tutti” (art.34), seguita dalla Direttiva del 27 dicembre 2012 che elenca gli strumenti di intervento per alunni con bes in base all’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, e, infine troviamo anche il C.M. n.8 del 6 marzo 2013 che ci indica le indicazioni operative da seguire.
Quest’ultimo specifica che la Direttiva del 27 dicembre 2012 ridefinisce l’approccio tradizionale della scuola, basato sulla certificazione della disabilità ed estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento. Il C.M. prefigura l’attivazione del Gruppo di Lavoro e di studio d’istituti (GLH) che assume la denominazione di Gruppo di Lavoro per l’inclusione con lo scopo di elaborare una proposta di Piano Annuale per l’inclusione (PEI) per tutti gli alunni con esigenze speciali. Infatti i Consigli di Classe devono indicare una personalizzazione della didattica e individuare eventuali misure compensative e/o dispensative nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni, seguendo l’ottica che i bes devono avere una didattica personalizzata perché è un loro diritto imparare con i mezzi e gli strumenti a loro più idonei.
In definitiva alla scuola sono richiesti: ACCOGLIENZA E INCLUSIONE. Dunque, la scuola, la famiglia e l’equipè sanitaria territoriale hanno la responsabilità comune del benessere generale degli alunni. La famiglia, a volte considerata in secondo piano ha invece a mio avviso un ruolo determinante, anche perché nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili si deve includere l’autorizzazione della famiglia, oltre che seguire i ragazzi con tali personalizzazioni anche nello svolgimento dei compiti a casa cercando di non lasciare questi alunni da soli nell’affrontare dei carichi di lavoro in lunghi pomeriggi.
Infatti non dobbiamo perdere di vista il fatto che pur necessitando di qualche accorgimento particolare restano minori che prima di tutto hanno bisogno di svago, di distrarsi, di uscire e cambiare aria, di giocare e di fare ciò che gli fa sentire bene.
I genitori invece troppo spesso commettono l’errore di tenerli chiusi e barricati in casa per cercare di superare quella determinata difficoltà, non rendendosi conto che impantanano ancora di più il ragazzo creandogli uno stress che potrebbe essere evitato.
Si richiede quindi una NUOVA OTTICA e un nuovo modo di guardare alla scuola, un vero e proprio cambiamento culturale che miri ad una scuola inclusiva e che punta a favorire l’apprendimento e in generale il benessere di tutti gli alunni.
In conclusione, come fare scuola al giorno d’oggi?
Far leva sulle motivazioni all’apprendimento dell’alunno; Usare attività ricreative e pratiche di tipo laboratoriale per tutta la classe; Strutturare i laboratori evidenziando alla classe i punti di forza del ragazzo; Far verificare periodicamente le fasi dell’apprendimento dell’alunno da uno psicologo specializzato in tale settore; Ridurre al minimo i metodi tradizionali di insegnamento.
Tuttavia, non si devono semplicemente adottare degli strumenti diversi per questi alunni, utilizzandoli in modo freddo e sterile, ma si dovrebbero accettare le diverse esigenze di ogni alunno e metterle al centro della didattica, d’altronde non si va a scuola per ascoltare la lezione, memorizzarla e ripeterla a memoria, ma si va a scuola o meglio si dovrebbe andare a scuola per insegnare la vita e le diversità di ognuno di noi puntando all’inclusione sociale. Abituando i nostri alunni a non guardare alla diversità, a non puntare il dito contro, a non avere pregiudizi sulle diversità, abitueremo le menti dei nostri alunni ad essere degli adulti migliori, degli adulti responsabili e con meno pregiudizi. Si tratta di individuare i percorsi più funzionali rilevando le attitudini di tali studenti e sostenendone le vocazioni.
Secondo il mio parere la scuola si può considerare secondo 2 punti di vista: o come il luogo in cui si impartisce l’istruzione, o come una fase di preparazione alla vita, in quest’ultimo caso la scuola deve soddisfare tutti i bisogni della vita. E secondo quest’ottica è compito di una scuola inclusiva destinare una particolare attenzione al processo di orientamento per tutti gli studenti che manifestano bes, progettando azioni specifiche e ad essi dedicati, in una logica di sviluppo e di continuità formativa, e per far ciò occorre una progettualità condivisa anche a livello territoriale, tra scuola,famiglia e l’equipè territoriale oltre che con gli studenti stessi.
Ma facciamo chiarezza, che cosa sono i bes? Con questa breve sigla facciamo riferimento a quei BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI che gli alunni possono manifestare in determinati momenti, ad esempio il bisogno di sviluppare competenze, il bisogno di appartenenza, il bisogno di valorizzazione e di accettazione.
I bes rappresentano dunque quelle difficoltà evolutive di funzionamento in ambito educativo e/o di apprendimento e che necessitano di educazione speciale e individualizzata finalizzata all’inclusione scolastica e sociale.
Dalla direttiva del 27 dicembre 2012 si evince che “… ogni alunno, in continuità o per determinati periodi, può manifestare BES: per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici o sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano una adeguata e personalizzata risposta”.
Rifacendomi alle parole di Dario Ianes “i normali bisogni educativi che tutti gli alunni hanno si arricchiscono nella persona con qualcosa di particolare …” Da questa affermazione si intende che, pur manifestando bisogni simili ogni alunno è una terra a sé stante, per cui occorre “studiare” caso per caso e analizzare ogni volta le variabili in gioco tenendo conto dell’unicità di ogni studente. È sottointeso dunque che si devono attivare delle risorse aggiuntive destinate a sostenere le scuole nell’aiutare gli alunni con difficoltà ad accedere ad un programma educativo, che, seppur diverso dagli altri per la forma di apprendimento (pc o libro) deve conservare gli stessi principi di insegnamento; d’altra parte le forme di insegnamento sono variegate e spetta solamente a noi adattarle alla classe in base alle esigenze degli alunni che abbiamo di fronte.
Altra considerazione importante riguarda il fatto che se abbiamo nella nostra classe un bambino con bisogni educativi speciali dobbiamo evitare di farlo sentire diverso, dobbiamo cambiare il metodo di insegnamento e proporre delle strategie alternative che arrivino allo scopo ma con modalità di apprendimento diverso e applicarlo a tutta la classe in modo da includere i bisogni di tutti e arrivare all’obiettivo comune.
Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione di tutti perché la scuola è una delle principali agenzie di educazione dei nostri ragazzi, e deve quindi essere guardata in modo nuovo, deve essere considerata come una palestra di vita, una palestra per sperimentare e per sperimentarsi.
Quindi si può affermare che ci sono una serie di bisogni educativi che esprimono e manifestano tutti gli alunni, e poi si configurano intorno a questi cosiddetti bisogni normali, anche altri bisogni, quelli “speciali”, denominati in questo modo perché riconosciuti solo ad una minoranza, ma comunque legittimi ad ogni studente.
Nei BES sono comprese tre grandi sotto-categorie (punto 1, Dir. M.27/12/2012) :
• Le Disabilità, (L.104/1992) , che comprende minorati di vista o udito, disabilità psicofisiche, e che necessitano quindi dei PEI; • Le Difficoltà, da distinguere in: dsa, deficit del linguaggio, deficit delle abilità non verbali, deficit dell’attenzione e iperattività, deficit della coordinazione motoria; • Gli Svantaggi di ordine socioculturale, tali tipologie di bes dovranno essere individuate in base elementi oggettivi, come ad esempio una segnalazione degli operatori dei servizi sociali.
Le situazioni che concernono gli svantaggi socio-culturali, economici e/o linguistici, possono essere situazioni transitorie che prevedono comunque interventi specialistici, ma devono essere verificati nel tempo in modo tale da attuarli solo fin quando sono veramente necessari. Infatti la pag.3 del C.M. MIUR n.8-561 del 6 marzo 2013 afferma “Si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinchè siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative (…) avranno carattere transitorio ed attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche (…) più che strumenti compensativi e misure dispensative”.
Il concetto di BES è molto ampio e cosi deve essere considerato, visto che tutti noi sperimentiamo nel corso della nostra vita momenti o periodi di difficoltà di varia natura e spesso anche noi abbiamo bisogno di interventi specialistici e mirati, ad esempio, se noi abbiamo un problema di origine organica ci rivolgeremo al medico di famiglia, allo stesso modo se sperimentiamo un disagio ci dobbiamo rivolgere ad uno psicologo esperto e specializzato in tale ambito.
È fuori da ogni dubbio che un qualsivoglia bisogno educativo nasce da problemi di interazione tra lo studente e il contesto educativo in cui è inserito. Ma se ci teniamo solo questa sterile classificazione dovremmo considerare la normalità e la diversità come due polarità contrapposte, invece, secondo il mio parere sono solamente due diversi bisogni di cui tener conto nella stessa misura e in altrettanto egual modo leciti. L’unica differenza si evidenzia nel fatto che la diversità, ovvero la specialità, di questi bambini necessita di una specificità di interventi.
Spiegandomi meglio ad un determinato e specifico bisogno deve seguire una specificità di interventi mirati e tempestivi.
Ma perché parliamo di bes? Ne parliamo perché c’è una normativa ben precisa che ci fa riflettere su che tipo di scuola dovremmo avere e su cosa il Nostro Sistema Scolastico dovrebbe tutelare. Di fatti la Costituzione Italiana ci dice che “La scuola è aperta a tutti” (art.34), seguita dalla Direttiva del 27 dicembre 2012 che elenca gli strumenti di intervento per alunni con bes in base all’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, e, infine troviamo anche il C.M. n.8 del 6 marzo 2013 che ci indica le indicazioni operative da seguire.
Quest’ultimo specifica che la Direttiva del 27 dicembre 2012 ridefinisce l’approccio tradizionale della scuola, basato sulla certificazione della disabilità ed estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento. Il C.M. prefigura l’attivazione del Gruppo di Lavoro e di studio d’istituti (GLH) che assume la denominazione di Gruppo di Lavoro per l’inclusione con lo scopo di elaborare una proposta di Piano Annuale per l’inclusione (PEI) per tutti gli alunni con esigenze speciali. Infatti i Consigli di Classe devono indicare una personalizzazione della didattica e individuare eventuali misure compensative e/o dispensative nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni, seguendo l’ottica che i bes devono avere una didattica personalizzata perché è un loro diritto imparare con i mezzi e gli strumenti a loro più idonei.
In definitiva alla scuola sono richiesti: ACCOGLIENZA E INCLUSIONE. Dunque, la scuola, la famiglia e l’equipè sanitaria territoriale hanno la responsabilità comune del benessere generale degli alunni. La famiglia, a volte considerata in secondo piano ha invece a mio avviso un ruolo determinante, anche perché nel caso in cui sia necessario trattare dati sensibili si deve includere l’autorizzazione della famiglia, oltre che seguire i ragazzi con tali personalizzazioni anche nello svolgimento dei compiti a casa cercando di non lasciare questi alunni da soli nell’affrontare dei carichi di lavoro in lunghi pomeriggi.
Infatti non dobbiamo perdere di vista il fatto che pur necessitando di qualche accorgimento particolare restano minori che prima di tutto hanno bisogno di svago, di distrarsi, di uscire e cambiare aria, di giocare e di fare ciò che gli fa sentire bene.
I genitori invece troppo spesso commettono l’errore di tenerli chiusi e barricati in casa per cercare di superare quella determinata difficoltà, non rendendosi conto che impantanano ancora di più il ragazzo creandogli uno stress che potrebbe essere evitato.
Si richiede quindi una NUOVA OTTICA e un nuovo modo di guardare alla scuola, un vero e proprio cambiamento culturale che miri ad una scuola inclusiva e che punta a favorire l’apprendimento e in generale il benessere di tutti gli alunni.
In conclusione, come fare scuola al giorno d’oggi?
Far leva sulle motivazioni all’apprendimento dell’alunno; Usare attività ricreative e pratiche di tipo laboratoriale per tutta la classe; Strutturare i laboratori evidenziando alla classe i punti di forza del ragazzo; Far verificare periodicamente le fasi dell’apprendimento dell’alunno da uno psicologo specializzato in tale settore; Ridurre al minimo i metodi tradizionali di insegnamento.
Tuttavia, non si devono semplicemente adottare degli strumenti diversi per questi alunni, utilizzandoli in modo freddo e sterile, ma si dovrebbero accettare le diverse esigenze di ogni alunno e metterle al centro della didattica, d’altronde non si va a scuola per ascoltare la lezione, memorizzarla e ripeterla a memoria, ma si va a scuola o meglio si dovrebbe andare a scuola per insegnare la vita e le diversità di ognuno di noi puntando all’inclusione sociale. Abituando i nostri alunni a non guardare alla diversità, a non puntare il dito contro, a non avere pregiudizi sulle diversità, abitueremo le menti dei nostri alunni ad essere degli adulti migliori, degli adulti responsabili e con meno pregiudizi. Si tratta di individuare i percorsi più funzionali rilevando le attitudini di tali studenti e sostenendone le vocazioni.
Secondo il mio parere la scuola si può considerare secondo 2 punti di vista: o come il luogo in cui si impartisce l’istruzione, o come una fase di preparazione alla vita, in quest’ultimo caso la scuola deve soddisfare tutti i bisogni della vita. E secondo quest’ottica è compito di una scuola inclusiva destinare una particolare attenzione al processo di orientamento per tutti gli studenti che manifestano bes, progettando azioni specifiche e ad essi dedicati, in una logica di sviluppo e di continuità formativa, e per far ciò occorre una progettualità condivisa anche a livello territoriale, tra scuola,famiglia e l’equipè territoriale oltre che con gli studenti stessi.
Parole capovolte: Questa rubrica nasce con l’obiettivo di approfondire le tematiche inerenti la psicologia scolastica e di rispondere a problematiche che riguardano maggiormente tutta la fascia dei minori in età scolare e prescolare.
La rubrica non vuole fornire soluzioni complete e dare risposte esaustive. L’intento è quello di creare un momento per fermarci a riflettere insieme e creare nuovi modi di rispondere ai problemi. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di una regolare consulenza professionale.
La rubrica non vuole fornire soluzioni complete e dare risposte esaustive. L’intento è quello di creare un momento per fermarci a riflettere insieme e creare nuovi modi di rispondere ai problemi. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di una regolare consulenza professionale.
Melania Chiacchiari Melania Chiacchiari è una Psicologa. Ha conseguito il Master Universitario di II livello in “Difficoltà e Disturbi dell’Apprendimento scolastico: Prevenzione, Diagnosi E Trattamento”.
Ha svolto numerose attività di volontariato presso vari enti pubblici e privati; ha collaborato con la ASL 02 Abruzzo, Lanciano- Vasto- Chieti e con il Consultorio Familiare di Isernia.
Attualmente svolge attività clinica in alcuni studi associati. Svolge inoltre attività di formazione, consulenze, sviluppo e potenziamento di abilità e valutazione diagnostica.
Ha svolto numerose attività di volontariato presso vari enti pubblici e privati; ha collaborato con la ASL 02 Abruzzo, Lanciano- Vasto- Chieti e con il Consultorio Familiare di Isernia.
Attualmente svolge attività clinica in alcuni studi associati. Svolge inoltre attività di formazione, consulenze, sviluppo e potenziamento di abilità e valutazione diagnostica.
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