L'importanza della figura dello psicologo nell'accoglienza dei migranti
L'Italia sta ultimamente conoscendo una fuga di italiani verso l'estero davvero massiccia. Eppure il nostro Paese, se da un lato viene disdegnato da giovani e meno giovani, dall'altro rappresenta una vitale meta d'approdo per altre persone che, purtroppo, non hanno scelto di migrare per motivi economici ma sono state costrette per altre contingenze più gravi. Parliamo dei tantissimi rifugiati che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste, di coloro che scappano da regimi totalitari e da dittature sanguinose, e dei richiedenti asilo che cercano protezione internazionale.
Lo SPRAR e la figura dello psicologo
In Italia sono sorti, in tutto il territorio, dei sistemi che accolgono i rifugiati e si occupano di tutto quello che concerne il vitto, l'alloggio, l'orientamento e le campagne informative: questo sistema è denominato SPRAR e conta al suo interno anche la figura dello psicologo, il cui scopo è duplice: fornire assistenza psicologica ai migranti, provati da viaggi disumani e da situazioni disastrose, e supportare anche il team di professionisti che si occupa di loro, e che spesso è costretto ad assistere a scene molto provanti.
Parliamo di uno sbocco professionale che in questo momento offre lavoro e l'opportunità di aiutare le persone più sfortunate: chi svolge questa professione deve conseguire una laurea in psicologia e un’eventuale specializzazione. La facoltà di psicologia dell’università Unicusano di Roma si rivela una valida opzione per chi vuole intraprendere questo percorso, dato che permette di frequentare le lezioni anche a distanza e quindi farlo combaciare con il lavoro: in questo modo si potrà iniziare a prestare sin da subito il proprio contributo alla causa, senza per questo motivo dover rinunciare alla propria preparazione accademica.
I problemi psicologici dei migranti
I migranti sono spesso tormentati da problemi psicologici molto seri, che sono diretta conseguenza di situazioni al limite della disumanità: parliamo di tutte le problematiche portate dalla guerra, dai bombardamenti delle zone civili, dalla perdita di tantissimi amici e familiari, e dalla costrizione a vivere una quotidianità fatta di terrore.
Le conseguenze a livello psicologico sono allarmanti: si parte dallo stress all'ansia perenne, passando per stati di depressione molto profondi fino ad arrivare alla depersonificazione, al radicamento di comportamenti violenti e persino alle tendenze auto-lesionistiche. Problemi mentali molto gravi che spesso richiedono mesi, se non addirittura anni di cura mirata e intensiva: da ciò si comprende quanto sia fondamentale il ruolo dello psicologo nella riabilitazione di questi esseri umani.
Come accogliere i rifugiati?
Purtroppo molti di noi, vittime del bombardamento mediatico, vedono nei migranti persone che scappano da problemi futili per vivere gratuitamente alle nostre spalle. In realtà la loro è una situazione drammatica, perché costretti ad emigrare e ad abituarsi a paesi e usanze diametralmente opposte alle loro, senza il supporto dei propri cari. Il modo migliore per accoglierli è innanzitutto farli sentire al sicuro, senza aggredirli psicologicamente e fisicamente, facendoli riprendere e favorendo il loro inserimento nel tessuto sociale.
Chi vuole, poi, può anche pensare di ospitare un rifugiato in casa propria. Psicologi, operatori sanitari, professionisti dei soccorsi: sono tutte figure necessarie per supportare persone costrette ad affrontare una vita di stenti e di sofferenza. Soprattutto quando si tratta di bambini, i cui traumi sono decisamente più gravi data la giovanissima età e l'impossibilità di godere di strutture adatte alla loro cura e alla loro educazione. Parliamo di persone che chiedono semplicemente asilo per poter vivere una vita lontana dalla guerra e dal sangue.
Articolo inviato da Susanna Matteini.
Lo SPRAR e la figura dello psicologo
In Italia sono sorti, in tutto il territorio, dei sistemi che accolgono i rifugiati e si occupano di tutto quello che concerne il vitto, l'alloggio, l'orientamento e le campagne informative: questo sistema è denominato SPRAR e conta al suo interno anche la figura dello psicologo, il cui scopo è duplice: fornire assistenza psicologica ai migranti, provati da viaggi disumani e da situazioni disastrose, e supportare anche il team di professionisti che si occupa di loro, e che spesso è costretto ad assistere a scene molto provanti.
Parliamo di uno sbocco professionale che in questo momento offre lavoro e l'opportunità di aiutare le persone più sfortunate: chi svolge questa professione deve conseguire una laurea in psicologia e un’eventuale specializzazione. La facoltà di psicologia dell’università Unicusano di Roma si rivela una valida opzione per chi vuole intraprendere questo percorso, dato che permette di frequentare le lezioni anche a distanza e quindi farlo combaciare con il lavoro: in questo modo si potrà iniziare a prestare sin da subito il proprio contributo alla causa, senza per questo motivo dover rinunciare alla propria preparazione accademica.
I problemi psicologici dei migranti
I migranti sono spesso tormentati da problemi psicologici molto seri, che sono diretta conseguenza di situazioni al limite della disumanità: parliamo di tutte le problematiche portate dalla guerra, dai bombardamenti delle zone civili, dalla perdita di tantissimi amici e familiari, e dalla costrizione a vivere una quotidianità fatta di terrore.
Le conseguenze a livello psicologico sono allarmanti: si parte dallo stress all'ansia perenne, passando per stati di depressione molto profondi fino ad arrivare alla depersonificazione, al radicamento di comportamenti violenti e persino alle tendenze auto-lesionistiche. Problemi mentali molto gravi che spesso richiedono mesi, se non addirittura anni di cura mirata e intensiva: da ciò si comprende quanto sia fondamentale il ruolo dello psicologo nella riabilitazione di questi esseri umani.
Come accogliere i rifugiati?
Purtroppo molti di noi, vittime del bombardamento mediatico, vedono nei migranti persone che scappano da problemi futili per vivere gratuitamente alle nostre spalle. In realtà la loro è una situazione drammatica, perché costretti ad emigrare e ad abituarsi a paesi e usanze diametralmente opposte alle loro, senza il supporto dei propri cari. Il modo migliore per accoglierli è innanzitutto farli sentire al sicuro, senza aggredirli psicologicamente e fisicamente, facendoli riprendere e favorendo il loro inserimento nel tessuto sociale.
Chi vuole, poi, può anche pensare di ospitare un rifugiato in casa propria. Psicologi, operatori sanitari, professionisti dei soccorsi: sono tutte figure necessarie per supportare persone costrette ad affrontare una vita di stenti e di sofferenza. Soprattutto quando si tratta di bambini, i cui traumi sono decisamente più gravi data la giovanissima età e l'impossibilità di godere di strutture adatte alla loro cura e alla loro educazione. Parliamo di persone che chiedono semplicemente asilo per poter vivere una vita lontana dalla guerra e dal sangue.
Articolo inviato da Susanna Matteini.
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