Cosa c’è alla base degli attacchi di panico - Seconda parte
Come detto nella prima parte dell’articolo i comportamenti protettivi e di evitamento, uniti all'interesse specifico del paziente per le sue sensazioni corporee, costituiranno un fattore di mantenimento chiaramente disfunzionale.
Se ad esempio avverto un capogiro e secondo la mia interpretazione erronea sto per avere un collasso, probabilmente inizierò a controllare il mio respiro, magari sedendomi o peggio ancora evitando di uscire.
Questi comportamenti però mantengono gli attacchi di panico, proprio perché di fatto impediscono la disconferma delle mie interpretazioni erronee. Così sarò portato a pensare che il mancato avverarsi delle conseguenze catastrofiche (collasso) sia attribuibile ai miei comportamenti.
Per tutti questi motivi se si vuole prendere in considerazione la cura degli attacchi di panico è fondamentale non solo una riduzione delle credenze relative a tali interpretazioni erronee alla base degli attacchi di panico, ma anche la messa al bando di comportamenti protettivi e di evitamento delle situazioni temute.
Per la cura del panico è consigliabile valutare attentamente la natura delle proprie interpretazioni erronee, descrivendo in modo dettagliato le situazioni temute e i comportamenti protettivi e di evitamento utilizzati.
A tal proposito ci si può domandare se vi sono situazioni che vengono evitate a causa dell'ansia e ci si può aiutare anche con diari da utilizzare giornalmente. E' possibile quindi intervenire sugli attacchi di panico, esistono cure e terapie, a condizione però di lavorare sulle interpretazioni erronee circa gli eventi, mettendo seriamente in discussione le proprie convinzioni e prevenendo i propri comportamenti protettivi e di evitamento.
Pubblished online by Francesco Greco
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